“Preparatevi che oggi andiamo al cinema” …

Questa frase risuonava almeno una volta alla settimana. Poteva essere il nonno oppure la nonna. Noi ragazzini eravamo felici. Ci piaceva andare al cinema. Tutto ciò che veniva proiettato era per noi di volta in volta: sorpresa, avventura, paura, sentimento, divertimento e tutto ciò che un film può suscitare nella mente e nella fantasia dei bambini. A volte erano film impegnativi per noi ma, i nonni erano molto avanti per il tempo e non si creavano problemi e noi con loro.
Il nostro cinema era il Capitol. Situato nel Nuovo Rione Materdei aveva una Sala con mille posti a sedere. Le sedie in legno ribaltabili e un enorme soffitto apribile che d’estate diventava il nostro condizionatore.
La nonna era molto amica della cassiera. Arrivavamo in quattro ma si pagava in due: la nonna e uno di noi tre. La maschera vedeva e non vedeva. Prendeva i biglietti li staccava e ci faceva entrare. Arrivavamo sempre per il primo spettacolo e restavamo buoni a guardare anche il primo tempo della seconda programmazione. Andare al cinema era un modo per tenerci buoni per un paio d’ore; per non farci stare in giardino a fare solo danni.
C’era un metodo che la nonna usava per tenere tutto sotto controllo. Faceva sedere Gianni al primo posto della fila, poi c’ero io, mia sorella Maria Luisa e, infine, la nonna che in questo modo non faceva sedere nessuno accanto a noi. La sua protezione continuava anche nel buio della Sala.
E poi, arrivava il momento cruciale dei panini. Allora non c’erano i Mac Donald. L’unico che attraversava la Sala, era un ragazzo con un grosso contenitore di legno attaccato al collo, dove vi erano esposte buste di patatine e gelati confezionati.
La nonna aveva una borsa di pelle nera con, al suo interno, i nostri panini preparati con molta cura e avvolti singolarmente nella carta oleata. Ed era allora che si sentiva un diffuso… sh… shhh… shhh… mentre la poverina cercava nel buio di capire quale panino fosse per noi. Tutti diversi!!!
Con il nonno era diverso. Non aveva una borsa e non amava restare nel cinema anche dopo la prima programmazione. Niente panino, però, dopo la proiezione all’uscita dal cinema, ci comprava il gelato come premio.
Il gelato ha una storia a parte. Il nostro bar preferito era il “Barriciello”. Non ricordo se questo fosse il nome vero del bar oppure soprannominato così perché si scendevano tre gradini. Ma era veramente molto piccolo. In quegli anni il nostro amato zio Salvatore, fratello di mia madre, era uno dei baristi e faceva un gelato insuperabile. Entravamo nel bar con un sorriso sul volto che faceva capire tutto. Il nonno pagava per i nostri coni che, grazie alla magia di zio Salvatore, diventavano tre cupole.
E, con quel cono immenso, il volto radioso, ci incamminavamo verso casa.
Ormai la giornata era finita. Potevamo andare anche a dormire e, sognare: il cavaliere indomabile, rivivere una storia romantica.
Almeno per me…

Il Cuore e l’Africa

È domenica e Margareth si è recata alla funzione religiosa. Da casa sua si sentono in lontananza i canti e i suoni che accompagnano la Messa. Al suo rientro Margareth ci porta a visitare Mombasa; con noi Grace e una volontaria di Amref. Il tragitto è lungo ma stavolta prendiamo la strada nazionale quella che va da Mombasa a Nairobi. È una strada asfaltata e vi incontriamo tanti camion che trasportano merci. Sono modelli vecchi e dalle loro marmitte buttano fuori del fumo nero impregnando l’aria di cattivo odore. La città è caotica, alcuni negozi sono aperti e intorno a noi sfrecciano tanti pullmini pieni di gente.

Non riesco a capire dove vadano tutte quelle persone e a fare cosa, le strade sono intasate come il centro delle nostre città nell’ora di punta.

La nostra giornata di vacanza prosegue con l’attraversamento sul ferryboat dell’Oceano Indiano. Abbiamo anche provato a visitare il Parco Mama Village dove vi sono ospitati grossi coccodrilli ma siamo capitati nel giorno di chiusura al pubblico e abbiamo optato per il mercato del pesce.

A sera torniamo a Kaloleni e dopo aver assaggiato dei nuovi piatti a casa di Margaret; rimaniamo a parlare fino a tardi Paola, Francesco ed io.

Dal “Il cuore e l’Africa”

di Wanda Danzi Bellocchio

Il rito del sabato anni 50

È sabato e il profumo del brodo si sparge per tutta la casa. È un profumo avvolgente, che da calore e sa d’inverno.
Come sempre la nonna si è alzata prestissimo. Ma andrà mai a dormire? Per me vive in cucina e se non è ai fornelli sta lì seduta accanto al focolare con il suo vestito di casa e lo scialle sulle spalle. Legge, si intrattiene con zia Maria ed è sempre lì. Quello è il suo regno.
Per la nonna cucinare è un rito che si ripete per ogni settimana. È sempre lo stesso. Ogni giorno ha il proprio pranzo, non si cambia e noi già sappiamo cosa ci aspetta. Il lunedì pasta e fagioli; il martedì la pizzaiola, il mercoledì minestra che sia pasta e lenticchie o pasta e patate, non ci si può sbagliare. Poi il giovedì quasi sempre maccheroni e la carne con le patate. Un sughetto veramente buono.
Mi piace tanto. Il venerdì minestra e pesce. Al sabato c’è il rito del brodo. Sempre ogni sabato si cucina il brodo. Io sono una ragazzina che ama mangiare e quando non vado a scuola invece della zuppa di latte, preferisco farmi preparare dalla nonna un po’ di pane del giorno prima con due mestoli di brodo. È il premio per essere stata buona quella settimana e non ho fatto disperare la nonna e zia Maria per fare i compiti. La domenica è un giorno di festa e il profumo del ragù è forte e penetrante. Loro due, la nonna e zia Maria, sono in cucina a girare e rigirare quel sugo denso e rosso scuro. Da quante ore sta lì a “pappuliare” (sobbollire)? Chissà.
Il lunedì si ricomincia di nuovo con gli stessi primi. Si mangia molto pesce azzurro, specialmente le famiglie numerose perché è veramente a buon mercato.
Oggi ho eseguito il rito del brodo al sabato e la mia casa profuma di odori. Carne, carota, cipolla, sedano, prezzemolo, patata e la peperna che dà un profumo particolare al brodo.
Tranquille la peperna non è altro che la maggiorana e nel mazzetto napoletano non può mancare. Non sarebbe brodo, altrimenti.
E con queste disquisizioni e ricordi, vi abbraccio amiche e amici miei, virtuali e no.
Buon sabato

 

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