Buon Natale
/0 Commenti/in News/da Wanda DanziÈ suonata la sveglia. Sono ancora addormentata, ma mi alzo in fretta. Oggi sarà una lunga giornata. I bambini dormono e cerco di non fare rumore. Giovanni è già uscito per recarsi in hotel. Non c’è festa che tenga. Il lavoro alberghiero non conosce festività. Ho bisogno di un caffè. Mi preparo la moka e assaporo quel caffè con calma. Guardo dalla finestra. Ancora è tutto fermo. Oggi è la Vigilia di Natale. Una vigilia degli anni ’70. Molti sono partiti per ritornare ai propri paesi di origine. Roma si spopola come agosto. Questo fa capire che di romani veri ne sono proprio pochi.
Incomincio a preparare il nostro pranzo della Vigilia. Ieri ho fatto la spesa cercando di non dimenticare nulla. La prima cosa che mi toccherà fare è lessare il cavolo bianco che mi servirà per l’insalata di rinforzo. Non c’è Natale napoletano che non abbia, sulla tavola addobbata a festa, la nostra insalata di rinforzo. Cerco di preparare i cibi che hanno bisogno di tempo e di riposare. Maria Luisa arriverà in tardo pomeriggio. Lei e Rosario lavorano, prima delle diciannove non saranno a Roma. I bambini sono svegli. Mi occupo di loro e gli preparo la colazione. Sono tutti eccitati sia per l’arrivo del cuginetto che per Babbo Natale. Il suo arrivo è previsto per la mezzanotte. Sono certa che non avranno sonno e rimarranno svegli nell’attesa dei regali. Come tutti gli anni trascorrerò quasi tutto il giorno in cucina. Ora tocca all’insalata russa. Anche questa è un classico delle nostre feste. Mi piace prepararla e fare dei piccoli ghirigori con la maionese, le olive e le fettine di uova sode. I bambini sono intorno al tavolo e guardano attenti tutto ciò che faccio. È sempre così quando preparo per giorni speciali. Nei giorni scorsi ho preparato la pastiera (noi la facciamo anche a Natale) e gli struffoli. All’arrivo degli zii è una festa per Barbara e Fabrizio. Finalmente lasciano la cucina e si spostano nella loro camera a giocare con il cuginetto.
Maria Luisa ha portato i broccoli di Natale che si producono solo in questo periodo. Sono dei broccoli particolarmente dolci e teneri. E le vongole veraci e i cefali, pesce che a Natale non può mancare. Ci sono anche i famosi dolci natalizi che si vendono a Napoli: roccocò, mustacciuoli, cassatine napoletane e susamielli. Il mio lavoro continua nel preparare le pietanze. Finalmente arriva il momento di mettersi a tavola per gustare tutto. I bambini, come al solito, mangiano poco di tutto. Sono già proiettati alla mezzanotte, quando dovranno aprire i pacchetti che, un Babbo Natale invisibile ha lasciato per loro.
E con quello sguardo felice e fra le mani i giochi richiesti, possono finalmente andare a dormire. Ed io? Continuo la mia giornata in cucina a lavare, asciugare, sistemare… domani sarà Natale e sarà un altro giorno di cucina…
Buon Natale a voi, care amiche mie e amici miei. Virtuali e non…
Gli zampognari
/0 Commenti/in News/da aurelioGli zampognari arrivavano in città dai paesi rurali. Con la loro zampogna e ciaramella, inondavano le strade delle canzoni tipiche del Natale.
Da noi arrivavano per la novena dell’Immacolata. Nel lungo corridoio, che separava le stanze, veniva portata la statua dell’Immacolata di zia Maria. La ricordo ancora: di porcellana, con l’abito bianco e il velo azzurro, i piedi poggiati sul mappamondo e una corona di stelle. Era bellissima. Noi piccoli stavamo in silenzio mentre quel suono inondava le stanze. Era la zampogna che ci attraeva. Vedere quel piccolo uomo come riusciva a gestirla. Il suo viso si gonfiava come l’otre, le vene del collo quasi scoppiavano. Eppure, la musica che ascoltavamo era dolcissima. Tu scendi dalle stelle e altre musiche sacre. Pensare che, chi suonasse, erano spesso semplici contadini o pastori vestiti con i loro costumi tradizionali. Per la Novena di Natale, invece, ci spostavamo davanti al presepe. Un presepe che prendeva tutto un mobile lungo. Gli addetti al presepe erano zia Maria e zio Sandro. Un paesaggio stupendo con tutti i piccoli pastori, i vari mestieri rappresentati. Le montagne fatte di giornali ma coperti di muschio e ovatta La grotta dove era rappresentata la Natività. La Novena si ripeteva ogni giorno fino alla vigilia.
Oggi questo rito si è perso. Certo rimangono gli zampognari, che continuano ad arrivare in città e suonano per le strade, ma non è la stessa cosa. Mi accorgo sempre di più di come la nostra vita si sia impoverita di quelle tradizioni familiari. Le famiglie vivevano molti momenti in comune. I bambini apprezzavano tutto ed erano felici. Felici anche di ascoltare la musica di uomini semplici, che arrivavano in città con la loro zampogna e ciaramella.
Il saluto di un Carissimo amico
/0 Commenti/in News/da Wanda DanziPiccole Fans
/0 Commenti/in News/da Wanda DanziEd eccole le mie più piccole fans: Rachele e Greta con il libro “Mai avrei immaginato…” ma che belle che siete. Mai sponsor fu più bello…
Nairobi
/0 Commenti/in News/da Wanda DanziOggi è il 10 dicembre! Sono lontana da casa e da Giovanni. E’ il tuo compleanno caro Fabrizio e io sono qui in Africa a Nairobi!
L’appuntamento con John Muiruri era per le prime ore del mattino ma, per problemi alla Toyota Frederich viene a prenderci con molto ritardo.
Insieme a John ci rechiamo al Centro di Accoglienza per Bambini di Strada. Un progetto che Amref Italia sta seguendo con molto interesse, e anche io gli sono molto legata.
In questo Centro, che è ancora da realizzare, ci sono 34 ragazzi che hanno creduto in John. Vengono ogni giorno a stare con lui e i suoi collaboratori. Vengono per studiare, per imparare a recitare, per giocare, specialmente a pallone; anche per un pasto caldo che alcune donne preparano ogni giorno per loro. Sono dei ragazzi che hanno conosciuto la droga, le ruberie. Hanno avuto almeno uno dei genitori morti di Aids. John è per loro come un padre e, la tenerezza con gli parla, la trasmette anche a noi che, siamo affascinati da quest’uomo buono e tenace.
I ragazzi ci accolgono nell’ufficio che poi non è altro che un container arrivato dall’Italia con un carico di medicinali. Subito, nasce una sintonia fra di noi. Ci dirigiamo verso una piccola casetta con, all’interno, banchi disposti intorno alle pareti per lasciare spazio ai ragazzi di recitare delle scenette molto divertenti.
L’emozione è profonda, per me è molto importante trovarmi qui in questo giorno. John ci fa sedere nei banchi insieme ai ragazzi. Mi ritrovo con due bimbetti al fianco avranno avuto quattro o cinque anni e d’istinto li stringo al petto. I ragazzi sono molto bravi strappano risate e applausi ad una platea molto attenta. Hanno, nella figura del collaboratore di John, un maestro eccezionale; solo in fondo alla stanza vi sono dei ragazzi con lo sguardo basso, distante, credo che non abbiano smesso del tutto di sniffare colla. Al termine delle rappresentazioni John parla di noi ai ragazzi e ascoltandolo mi accorgo che sta parlando loro di Fabrizio. Avverto che i ragazzi sanno di lui e che John gli ha parlato del progetto ambizioso che lega Amref al nome di Fabrizio: la creazione di un centro informatico all’interno dell’intero progetto. John mi chiede, con una voce tranquilla, di dire qualcosa; non parlo l’inglese, ma è talmente importante per me trasmettere le mie emozioni che incomincio a parlare tranquillamente in italiano. I ragazzi sono in silenzio, un silenzio quasi estatico ascoltano le mie parole con molta attenzione.
Racconto loro che Fabrizio era una persona eccezionale che amava l’utilizzo di internet e che, attraverso la rete informatica spaziava nel mondo e colloquiava con persone lontane chilometri. Fabrizio era entrato a far parte di Amref e il suo sogno era quello di poter vedere i ragazzi del Centro collegarsi ad un computer, navigare in rete. “Così anche i ragazzi più sfortunati – diceva – possono aprire una finestra e diventare cittadini del mondo”.
John spiega tutto ciò ai suoi ragazzi e io, nel frattempo, singhiozzo vistosamente senza potermi fermare. I piccoli che mi sono accanto mi guardano impauriti ma, nello stesso tempo si stringono sempre più forte a me. La traduzione di John è finita e nella piccola stanza c’è un silenzio irreale, poi dal fondo si alza un ragazzo che avrà avuto quattordici anni e mi si rivolge dicendo: “Siamo molto fieri per ciò che hai detto, non devi essere triste, Fabrizio vive attraverso noi. Abbiamo capito l’importanza di questo progetto e ti diamo la nostra parola che faremo di tutto perché ciò si realizzi.”
Ovviamente tutto questo mi è stato tradotto e mentre il ragazzo parla singhiozzo sempre più forte.
La nostra visita va avanti dividiamo la mensa con i ragazzi, scatto delle foto che conserverò gelosamente. Il nostro incontro con i ragazzi di John giunge al termine.
Difficilmente li potrò dimenticare come non potrò dimenticare: il loro sorriso, la loro sensibilità e la
volontà che hanno di tirarsi fuori da una vita di: stenti, di compromessi e di solitudine.
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