Il nostro giardino
/0 Commenti/in News/da Wanda DanziGiorni fa ho sentito Gianni, mi ha detto che è stato nel nostro giardino.
Dopo tanti anni, ha sentito l’impulso di andare a vedere la nostra casa. La sua curiosità, nel rivedere quei luoghi, sarà dovuta forse alla lettura del mio libro? Chissà.
La casa della nostra infanzia, dove siamo nati e cresciuti. Quel giardino circondato dai palazzi del 1930..
Anche per me sarebbe importante ritornare a rivedere quella casa, quel giardino. I luoghi che mi hanno accompagnata nel passare dall’infanzia all’adolescenza. Mi rivedo bambina, e poi una giovane donna curiosa e, perché no, anche carina. Mi vengono in mente tanti ricordi.
Ecco che zia Maria ci chiama. È l’imbrunire e dobbiamo smettere di giocare. Dobbiamo salire per la cena, e prima che arrivi mia madre dal lavoro. Lei non vuole che io stia in giardino a giocare con i maschi. Con i miei giochi da maschiaccio mi sbuccio le ginocchia e mi sporco sempre il grembiulino. Molto spesso si strappa e zia Maria è pronta per rammendarlo. “Presto, presto che sta per arrivare tua madre…”
Sono diventata un’adolescente con poco charme ma, non so perché, i ragazzi mi guardano e gli piace parlare con me. La finestra della stanza da pranzo dà sul giardino. Con le persiane socchiuse guardo il cancello da dove spunterà il ragazzo che viene a trovarmi. Sono ansiosa e mi accorgo di avere il cuore che batte forte. La sera poi ci ritroviamo a parlare sui muretti esterni del giardino. Siamo in tanti, abbiamo la stessa età, qualcuno più grande di pochi anni e sono quelli che mi piacciono di più. I primi amori. Le prime conquiste, i primi baci candidi dati senza malizia. Ora mi sento veramente grande. Non mi sbuccio più le gambe, e non strappo il grembiulino. I miei vestiti sono larghi con la sottogonna di organza e mi fanno sembrare più grande anche se non ho niente che faccia pensare ad una donna.
È giunto il primo giorno di lavoro. Sono contenta. Un mondo si sta aprendo per me. Mi sento importante guardando le mie compagne che continuano ad andare a scuola. Mi sento una donna, come quelle delle riviste femminili: la borsa, il vestito attillato e le calze. Mi muovo con grazia e cerco di evitare di cadere… con quel tacchetto…
Le strade: Via Leone Marsicano, Via Francesco Capecelatro nel Rione Materdei. Riprendo il cammino verso la piazzetta per andare al lavoro. Molto spesso a piedi, nello scendere per Via Matteo Renato Imbriani e Via Salvator Rosa. Saluto tutti quelli che incrocio. Ci sono le botteghe rionali che hanno alzato le serrande. Conosco tutti e il mio saluto non manca mai mentre gli passo accanto.
“Buongiorno zio Salvatore, buongiorno Anna, ciao zia Maria, ciao zio Ciro, ciao Gelsomina…”
È il mio credo salutare tutti. Così mi ha insegnato il nonno:
“Dovete salutare sempre quando incrociate le persone. Per educazione, ma anche perché ricevere un saluto illumina la giornata. Il saluto è dell’Angelo…”.
Quelle botteghe, e quelle persone, non ci sono più. Eppure, ancora ho negli occhi i loro sorrisi al mio passare e la mia allegra spensieratezza nel salutare. La stessa spensieratezza che mi accompagnava nell’andare al lavoro. Giorni sereni, giorni felici.
Prima o poi andrò a rivedere quei luoghi a me tanto cari.
Sì, prima o poi ci andrò.